22/10/07

- racconto anonimo -

Questo è un racconto che un nostro giocatore ci ha mandato tempo fa, ma non ne ritroviamo il nome...lo pubblichiamo nella speranza che l'autore si riveli!


Fine.


E' buio quaggiù. Totalmente.

Le tenebre: il caldo ricordo del ventre materno, il gelido abbraccio della terra alla quale torneremo. Almeno dalle mie parti visto che i morti si seppelliscono. Dove pensate che sia?

Se fossi un nascituro vi sembra che sboccherei malinconica tristezza?

Se fossi un defunto vi pare che perderei tempo coi rimpianti, occupato a scegliere il dio che promette il destino migliore alla mia anima?


No, non so neanche io cosa sono: è così buio qui che le tenebre hanno invaso le mie cervella e mi hanno reso più stupido di un sacerdote, più illuso di un fedele e più immobile di un tempio millenario. Stolti. Mi sembra di sentire la voce dei morti che si interrogano sul perchè la loro anima non si sia liberata dal corpo ma sia rimasta a porsi domande senza risposte, o a darsi una domanda in risposta. Come ragazzini che fanno le bolle con le labbra, cani che scondinzolano quando gli dai delle potenti botte in testa, come ubriachi in una taverna dove ventri piatti e bronzei si intravedono tra stoffe colorate, al fumo di chissà cosa.

Imbambolati.

Storditi.

Contenti.


In vita anch'io fui così nelle ore che seguivano la consegna della paga: il rapporto tra tempo impiegato per guadagnarla e tempo inpiegato per spenderla avrebbe fatto inorridire un equilibrista di Gerrh. La dissolutezza delle mie spese diveniva leggendaria in tutte le locande e tutti erano disposti ad ascoltare idiozie guerresche pur di rimediare un giro offerto della cosa più alcolica e costosa che potessi offrirgli. Sarebbero stati disposti a vendere la propria anima per un boccale di catrame. E magari un tocco di Lemai cotto solo ai bordi, grondante sangue, croccante intorno e speziato come un vulcano.

Io offrivo, narravo, ascoltavo le loro storie: chissà perchè ma tra due interlocutori uno è sempre convinto che i problemi dell'altro sono insignificanti rispetto ai propri. Non c'è dialogo: è per questo che sono finito qui, immerso nel nero, nel nulla e nella sua negazione.

Scusatemi, sto divagando. Sono solo un tipo solitario che vorrebbe scambiare finalmente due parole in tranquillità. Vi stavo raccontando come sono finito qui ed intendo continuare se voi ascoltate.

Altrimenti continuerò lo stesso perchè questa è ciò che fanno gli spettri.

Nessun Fantasma, non preoccupatevi. Non ancora almeno.


Come dicevo, trascorrevo giornate di marcia con una piccola carovana a cui facevo scorta.

Sono tempi tremendi questi e ciò che non dovrebbe essere nasce dal promiscuo abominio che qualcuno ha voluto creare di questo mondo: come scuotere la scatola dove avete messo la spesa del mercato, aggiungere acqua e venderla come succulento minestrone. No, posso essere ancora più inconcludente: ascoltatemi.


Ero ricoperto di polvere dopo che avevamo marciato tutto il giorno in mezzo ad una distesa sterrata e scottata: il rakes che era con noi si era arreso a metà e mi aveva chiesto di fare in fretta; la biondina non lo aveva chiesto, ma siamo pur sempre uomini di mondo no? non starà male sotto quella roccia, con gli scorpioni che le mangiano gli occhi ed il bel corpo che si spacca per la disidratazione. Ero nervoso dalla mattina dopotutto, e gli altri lo sapevano che era meglio lasciarmi stare. Ci saremmo limitati a camminare all'atmosfera allucinata di un deserto di sassi.

Ero il più esperto e lo sapevo che saremmo morti tutti. Lo pensai, sputando a terra, quando vidi il raekes impazzire. Non una grande perdita.

Per la biondina del sasso mi è dispiaciuto: eravamo affini per forma e speculari per carattere, kion entrambi e lei così gentile e riservata di aver meritato la fine che ha fatto. Il mercante non se l'è presa: aveva ancora la sua compagna dopotuto e nessuno degli altri gliel'avrebbe toccata finchè c'ero io: la sua guardia del corpo. Si era dispiaciuto solo perchè ne era attratto: si umettava continuamnte le labbra e si sfregava le mani quando la guardava, spellandola con gli occhi. Ah non ve lo avevo detto la biondina andava in giro seminuda con un grosso tatuaggio rappresentante una di quelle stronzate della grande madre. Era una fedele dell'ordine e della moderazione. Ora è solo una collezione di fratture.


Il terzo fu senza dubbio quello che richiese il maggiore sforzo.

Spero che abbiate notato che non riporto i loro nomi: nonstante fossero mesi che viaggiavamo assieme non sono mai riuscito a carpirli dai loro discorsi: fossero stati meno insignificanti li avrei notati.

Il terzo, dicevo, mi creò problemi perchè ero innervosito dalla fretta: avremmo potuto essere attaccati dai briganti e dovevo sbrigarmi ad indebolire le nostre forze altrimenti saremmo potuti sopravvivere. Il mercante era nervoso e per la notte si ritirò nella sua tenda a farsi sciogliere dalla mora, io e gli altri sedevamo attorno ad un fuoco.


Il terzo discuteva giusto sul fatto che non aveva mai visto tanti kiani riuniti assieme e per un attimo aveva pensato ad un mondo popolato solo da essi. Impossibile, gli dico io: la multiforme madre degli stronzi ha molti stampi e non li usa per gli sformati. Il terzo non rispose, non ho mai capito perchè: forse le mie argomentazioni lo avevano messo in difficoltà.

eravamo noi quattro. La mora ed il mercante erano in tenda.


Al mattino la mora, il mercante e noi tre partimmo abbastanza presto ma era già caldo. Non essere. Chissà perchè avevamo un cavallo sellato in più.

Era compito del furiere occuparsene: io era solo un soldato prezzolato.

Avevo solo in mente una sensazione di vuoto, come se qualcosa fosse venuto a mancare. Vedendomi perplesso la terza del gruppo, una rossa niente male, solo armata fino ai denti, mi sfiorò il volto con la bella mano curata. Noti che era sporca, non per via degli ovvi disagi del viaggio ma di una sostanza gelatinosa simile al cervello di una creatura vivente.

Non essere: per quale motivo dopotutto? innanzitutto perchè essere era assai faticoso, anche se si ha un cavallo in più. Poter sfuggire a questa sensazione di insensatezza era una tentazione non da poco ma avevo un dovere da compiere.

La rossa era pallida ed ogni tanto vacillava ma sembrava resistere: se ci riusciva lei allora io non potevo esimermi dal mio dovere. Era pur sempre una fanciulla, ed io pur sempre un uomo d'arme.


Era il terzo rimasto, a parte la rossa, il mercante, me e la mora, a preoccuparmi. L'assasino della biondina e del Raekes era uno di noi. Io per la precisione ma chi lo sapeva? e soprattuto perchè prendersela con il raekes visto che era un carovana di soli Kion e lui risultava chiaramente intruso? Un omicidio invece di due voleva dire molto, io me ne intendevo di processi. E soprattutto mi aveva chiesto lui di ucciderlo. Due morti e tre cavalli in più: un bel mistero da risolvere.

Il terzo avrebbe potuto essere l'omicida, se solo non avessi fatto tuti questi discorsi ad alta voce in sua presenza. Dovevo ucciderlo; o lui doveva uccidere me. Certo avremmo potuto aprire il ventre del mercante e spartirci le donne ma sarebbe stato di una brutale non raffinatezza.

Capii da un solo suo sguardo che mi offriva di battermi coraggiosamente per dimostrare la mia innocenza. Stupido da parte sua: avevo appena confessato tutto involontariamente, sotto l'effetto dello Stramonio che assumevo abitualmente. Gli chiesi del tempo per pensarci e lui me lo accordò e fece per tornare all'accampamento.


E' stato così che ho scoperto il suo raccapricciante segreto, dissi agli altri tornando al campo. Essi mi guardavano come se avessi appena salvato loro la vita: non sapevano quanto mi era costato mangiare il mio avversario e seppellirne le ossa. Si era voltato per tornare dagli altri ed io l'ho colpito alla nuca con la cosa più grossa che ho trovato. Dopodichè ho estratto la spada e l'ho fatto a pezzi facendo sì che le pietre roventi lo cuocessero. Non troppo altrimenti si sarebbe indurito e non sarei riuscito a finirlo: nel deserto era un vero peccato sprecare del cibo.

Pazzo io? signori non avete ancora sentito il resto della storia.

Ora eravamo quattro: come sospettavo il mercante non aveva la minima intenzione di spartirsi le donne e la mora non aveva la minima intenzione di spartirsi gli uomini. Era molto bella ed aveva un fare aggraziato e misterioso. Sia io che la rossa la trovavamo molto seducente e pensai che se disgraziatamente fosse accaduto qualcosa al mercante avremmo potuto spartircela.


L'ombra che i piedi del mercante proiettavano seguiva il dondolare del suo corpo, appeso al primo albero della fine del deserto. Rinseccolito e malandato ma pur sempre un albero. Il collo si era rotto prima che lui potesse soffocare ed ora i corvi stavano beccando le sue pupille strabuzzate e la sua lingua, presa in mezzo alle labbra serrate e violacee. Sotto noi quattro ci guardavamo.


"e tu?" chiesi al quarto che non avevo mai visto in tutto questo tempo.

Egli sembrava non comprendere la mia lingua ma voler comprendere quella di una delle due donne. Ancora un ostacolo affinchè io e la rossa potessimo spartirci la mora. Iniziavo ad innervosirmi: ma mettersi tra un uomo e la sua mezza donna. Il problema non durò a lungo.


Non riuscivo a comprendere. Un vero mistero mi tormntava mentre osservavo le due ragazze osservarsi ed osservarmi. Eravamo in tre ma letteralmente circondati da cavalli sellati di tutto punto. Uno del mercante. uno della biondina, uno del finto raekes, uno del terzo, uno del secondo terzo, tre miei, uno della rossa, due della mora, ma di uno non era più innamorata, e po altri due. Quanti eravamo? chi eravamo? tredici cavalli ed una mora da spartire ora che eravamo in due finalmente.


Ebbi la parte dalla vita in su della mora: il volto statuario, le belle spalle e lo sguardo vitreo che mi fissava al suono che produceva la rossa cercando di liberare i femori dalle carni. Ebbi anche 36 zampe anteriori, dodici polmoni sinistri e quattro corni. Non avrei mai fatto in tempo a capire che ero stato truffato. Mi spettavano almeno ventisei finimenti completi.

Ora sono qua. O meglio, ora non sono. La rossa, armata di tutto punto mi ha avuto. Sono niente ed in nessun luogo e da qui vi ho narrato questa storia che dovrebbe insegnarvi molte cose. Contate sempre tutti i presenti, i loro arti e le loro cavalcature ed annotate tutto su un taccuino che dovrete poi ingoiare per tenerlo al sicuro. Già che ci siate fatevi dire anche i loro nomi affinchè possiate ricordarli quando narrate le vostre storie e soprattutto date un perchè all'insensatezza che chiamate essere: non importa quanti scervellati ed idioti sia il vostro modo di vivere: la realtà sarà sempre la farsa più grottesca che avrete modo di conoscere: ve lo dice uno che di ingiustizie se ne intende.

Essere. Siete proprio convinti di avere ragione? e se fosse tutto un errore?


Inizio.


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